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VIAGGIO NELLA MEMORIA

Di Marino Smiderle

 

 

Aldo cicero torna in Libia dopo Quart’anni

Con i tripolini berici.

L’emozione di visitare il palazzo

Dove ha vissuto fino all’età di 9 anni e

La sorpresa di ritrovarvi l’amica di infanzia

Persa di vista nel 1970

Quarant’anni fa Claudio Cicero e altri ventimila italiani stavano in fila al porto di Tripoli. A tutti il colonnello Gheddafi, che un anno prima aveva guidato il colpo di stato concluso con la deposizione di re Idris e  l’instaurazione di una dittatura militare, aveva messo in mano un biglietto di  sola andata per l’Italia. Case, soldi, macchine,lavoro, una vita di sacrifici, puff….sciolte, come la neve al sole. E il sole di Tripoli brucia , mamma se brucia.

Via, tutti via, compresa la famiglia Cicero, che fino allora aveva vissuto in un comodo appartamento in via Puccini n. 30, traversa del centralissimo Corso Sicilia.

Quarant’anni dopo via Puccini ha cambiato solo una cosa il nome. Come tutte le vie e le piazze di Tripoli del resto, intitolate ora a eroi libici e non più italian celebri.

In tutto questo tempo i tripolini italiani, quelli spediti via in malo modo quarant’anni fa non hanno potuto rimettere piede in quella che comunque considerano ancora la loro città. Fino a quando in uno dei tanti accordi firmati da Gheddafi e Berluscono. È spuntato pure il lasciapassare in atteso da tutti coloro che erano stati cacciati, ma che avevano il cuore quaggiù. Ci sono voluti anni di perfezionamenti burocratici , ulteriori concessioni, ma alla fine il colonnello ha dato il via libera. Porte aperte ai tripolini d’Italia.

Cicero non ha perso tempo. Ha contattato Paolo Cason, una sorta di catalizzatore centrale dei ventimila italiani di Libia, ha  chiesto i visti per sé e per La moglie Paola e per altri due congiunti vicentini nati a Tripoli, la cugina Paola Caruso e Guido Terenzan, e ha aspettato  fiducioso. Fino all’ok definitivo.

“Guarda manca il pezzo di poggiolo e qui c’era il negozio di Santino , te lo ricordi Santino. Mamma mi ricordavo tutto più grande. Anche quella fabbrichetta dove facevano mattonelle e io avevo capito, guardando dal terrazzo quelle scartate con difetto.  E il fornaio…..qui mia mamma mi mandava a prendere il pane prima di andare a scuola. Avevo nove anni quando siamo partiti, ma mi ricordo questa città in ogni dettaglio. E non è cambiato molto”

Non la vedeva da quarant’anni, da quando giocava con le sorelle Letizia (che ha portato con sé) e Cristina (che è rimasta a Vicenza) su questo terrazzino che adesso guarda dalla strada . Nel frattempo la via si è riempita di gente del posto. Guardano con simpatia a questo signore che non ce la fa proprio a nascondere l’emozione. Sbircia dentro il negozio che fu tale di Santino.

“qui stava Santino” ripete “santino si, Santino, io ricordare”

Un tipo che, evidentemente, ha preso il posto di Santino va incontro a Cicero e quasi lo abbraccia.

“Io ricordare Santino” ripete in un italiano stentato ma comprensibile. A dirla così sembra una carrambata  stile Raffaella Carrà, ma l’emozione dei vicentini ripiombati nell’infanzia di una città meravigliosa è qualcosa di indescrivibile.

Cicero tira fuori da una delle mille tasche del giubbetto un portafotografie. Dal cellophane estrae alcune foto in bianco e nero.

“questa è Horja”dice al Santino Libico indicando una signora che all’epoca avrà avuto una trentina d’anni – e quella vicina è la figlia, Nadia. Io giocavo con loro, andavo a mangiare a casa loro. Tu conosci?”

“Io conosce Nadia abitare al secondo piano del palazzo”

A Claudio e Letizia Cicero, ma anche alla cugina Silvia Caruso, che abitava poco distante, in via Verdi 55 a momenti viene un  coccolone.

C’è Namek 76 anni, impareggiabile guida libica dell’agenzia Germa Travel che capisce tutto e si offre di tentare il contatto . C’è solo un problemino, come dire, di precetti islamici: se la donna è sola in casa non può aprire a estranei. Namek sale le scale, bussa e la fortuna lo premia : in casa c’è anche il marito. Gli spiega quello che sta succedendo giù in strada e l’emozione si intrufola violenta anche nel cuore di Nadia, che di colpo torna la bambina che giocava con la compagna di scuola Cristina e con il resto della famiglia Cicero. Namek torna e invita a salire. Così Claudio Cicero varca la soglia di quella che fu casa sua per  i primi nove anni di vita e la prima cosa che nota è una corda che pende da una sorta di carrucola.

“con quella corta –dice aprivamo la porta di casa nostra all’ultimo piano”

Una rampa di scale, che basta a far capire come in questi 40 anni nulla di rilevante sia successo ai muti di questo palazzo, e il gruppo vicentino libico è assiepato davanti alla porta dell’appartamento di Nadia. Il marito invita tutti ad entrare , il salottino è accogliente, gli ospiti trattengono il respiro. Eccola Nadia, un sorriso che illumina il volto incorniciato da un velo, e un abbraccio con gli amici   di un tempo, Claudio e Letizia, che azzerano in un lampo 40 anni di oblio.

“Ti ricordi di noi?” chiedono i Cicero

“non vi ho mai dimenticato” risponde.

E’ incredibile come in pochi minuti si possa condensare la storia di quattro decenni , Nadia ha studiato in Inghilterra , adesso a due figli, ma qualche anno fa è morta la mamma, Horja la bella signora che campeggia nella foto di Cicero  e che, nel 1970, aveva scritto una dedica di ringraziamento poco prima che la famiglia italiana fosse costretta a prendere la nave per andare incontro a una nuova vita che il destino stava già costruendo a Vicenza, Non ci sperava Cicero.

Dopo aver spiato Tripoli con l’aiuto di  Google Earth, contava di trovare traccia della casa ma non di ritrovare Nadia. Di colpo prende il cellulare e chiama il padre rimasto a Vicenza  forse per paura che queste emozioni così forti giocassero un brutto scherzo. “Papà, - grida Claudio Cicero –ho trovato la casa, ho trovato Nadia”.

Seguono foto, appunti di indirizzi, di numeri di telefono, di indirizzi e.mail.

“Stiamo in contatto mi raccomando”

Poi di nuovo giù in via Puccini,o come diavolo si chiama adesso, dove questi vicentini tornano tripolini con la naturalezza di chi sembra non essersi mai allontanato da qui. Ogni pezzo di città vecchia nasconde ore, giorni di infanzia, di gioventù che i protagonisti pensavano fossero andati perduti e che, improvvisamente, tornano alla memoria con un nitore pari  solo al cielo scintillante di Tripoli.

Proprio oggi Claudio Cicero compie 49 anni. E li festeggia nella sua città natale, che pensava di non rivedere più. Il compleanno più dolce.

 

LA CURIOSITA’

Passeggiando per le vie di Tripoli

“sono stato battezzato davanti a una rotatoria”

Uno dei miracoli della Libia ritrovata è quello di far dimenticare a Claudio Cicero la politica. L’unico riferimento alle delibere del consiglio comunale berico  gli viene spontaneo quando passeggiando davanti alla moschea principale di Tripoli, già sede della cattedrale cattolica fino al 1970. Ljui che a Vicenza è famoso per essere stato l’assessore alla mobilità che ha realizzato una infinità di rotatorie, non può non sorridere alla coincidenza.

“Vedi proprio davanti alla cattedrale dove sono stato battezzato – spiega – c’è sempre stata una grande rotatoria – Evidentemente era destino.

Dall’altra parte c’è il palazzo delle poste . Entriamo. “tutto è come allora  sul bancone centrale di marmo i nostri genitori compilavano le bollette e le cartoline.

La visita alla città del gruppo berico è sempre seguita da un giovane poliziotto, “per la vostra sicurezza” precisano le autorità libiche. Di fatto, Tripoli è una delle città più sicure al mondo. Un po’ perché se qualcuno osa commettere qualche reato, rischia punizioni severissime, un po’ perché i libici sono gente cordiale, ospitale e chiacchierare con loro è davvero piacevole.

Però il nostro poliziotto al seguito non si stacca, neanche quando si va a pranzo o a cena. Ed è proprio a pranzo e a cena che viene fuori la “libicità”  dei tripolini di Vicenza . Questo è il paese delle spezie e i piatti tipici tutti piccanti risentono di questa peculiarità “non vedevo  l’ora di mangiare un pannino con tonno e Harissa”dice Cicero mentre ne addenta un pezzo. –“Mmm delizioso non trovi?”

 Effettivamente l’harissa, una sorta di salsa al pomodoro bruciata dal peperoncino e da varie spezie, regala un sapore particolare, Una birra sarebbe la morte sua, ma a queste latitudini l’alcool è vietato è nessuno sgarra, per i motivi già detti. Prelibate anche le  varie versioni del cous cous  per non parlare dell’haraimi, con cernia  o dentice immersi in un mare di spezie iperpiccanti.

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                                                                                                                                                                                                                                                                  MARINO SMIDERLE