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Considerazioni e riflessioni di un (ex) giovane tripolino in Italia, negli anni 60

 

In questi giorni ricorre il quarantesimo anniversario del famoso 68, che diede l'avvio a tutto quel movimento dei sessantottini.

Molti ragazzi, figli di miei amici che ho incontrato negli anni scorsi, francesi o italiani, mi guardavano con ammirazione e invidia nel sapere che io frequentavo l'universita' proprio nel 68, immaginando che  senz'altro a quel tempo ero impegnato a buttare sampietrini alla polizia o comunque essere occupatore di aule di universita' negli anni successivi.

Le cose non sono proprio andate cosi', per me.

Cresciuto nell'ambiente tripolino, privo di liberta' di stampa e di parola, senza il diritto di assembrarsi o di manifestare, intento e preoccupato, come tutti sapete, a salvare ( scusate, ma e' proprio cosi', a salvare il culo) o a non farsi pestare per le strade , vivere in Italia era per me l'aver raggiunto il Massimo della liberta'.

Ricordo che controllavo regolarmente  il giornale, e almeno due o tre volte alla settimana andavo a conferenze di qualunque tipo: dell'allora partito liberale, socialdemocratico, socialista. Conferenze culturali e di qualunque tipo. Il mio massimo piacere era poter intervenire, a conferenza finite, con domande su qualunque tipo, ebbro della soddisfazione di poter parlare liberamente, poter dire la mia opinione in un paese libero senza timore di rappresaglie.

Tutto questo lo feci nei miei primi due anni in Italia, quando vivevo completamente da solo a Milano, nel 65 e 66.

Poi mi trasferii a Roma, e dopo pochi mesi avvenne l'esilio degli ebrei dalla Libia. I miei genitori vennero ad abitare a Roma, rinunciai alla mia liberta' e tornai a vivere a casa con papa e mamma. Quell'anno fu molto traumatico e non riuscii a dare piu' esami.

All'inizio del 68 mi trasferii in una piccola nuova Università, la LUISS, di grande qualita' come piano di studi, livello di professori, con un corpo di studenti molto ristretto, in tutto circa 250 studenti. Ero determinato a passare quanti piu' esami in fretta e definitivamente laurearmi, poiche' la mia situazione di studente mi pesava moltissimo, adesso, con tutta la mia nuova situazione familiare, politica, economica e sociale. La LUISS a quel tempo era diretta dai domenicani e l'atmosfera era di grande tolleranza sociale e religiosa, per non dire anche politica. Una piccola isola nel marasma degli atenei romani.

Allo scoppio dei moti del 68, confesso, non mi sentii per nulla coinvolto in quel grande movimento rivoluzionario dell'epoca.

Io avevo ben altro a cui pensare. Il mio mondo era andato in pezzi. Non avevo piu' una casa dove tornare, I miei amici oramai sparsi per il mondo, cercavo di farmi qualche nuovo amico. Il mondo in cui vivevo adesso era per me molto libero e liberale. La gente mi accoglieva bene, ero un profugo senza passaporto, ed ero solamente teso a finire quegli studi che nel frattempo mi impedivano di iniziare un altro tipo di vita.

Le proteste dei sessantottini, le loro richieste di gestire da soli gli esami, di liberarsi di qualunque tipo di autorita' costituita ( nell'ambito universitario), la loro insofferenza per limitazioni di vario tipo suonavano, ai miei occhi, come quasi capricci di gente viziata. Io avevo ben altro a cui pensare, la mia realtà era molto piu'

Complessa e difficile di quella dei miei coetanei. Partecipavo comunque, non si poteva evitare, a discussioni con I miei compagni di estrema sinistra e ogni volta di piu' mi rendevo conto di quanto il mio mondo fosse diverso, di come io vivessi in  un altro pianeta. Per mia fortuna la mia università non fu mai occupata ed il 68 passo' accanto a noi senza toccarci. Forse gli unici 250 universitari a Roma a non aver conosciuto un'aula occupata, a non fare gli esami davanti ad un comitato di studenti che imponeva al professore quale voto dare, e non passare mesi interi a discutere sul sesso degli angeli anziché a studiare. Riuscii a recuperare quasi tutto l'anno perduto e a laurearmi in quasi cinque anni, ed appena laureato, dopo pochi mesi in cui lavorai anche part time come assistente del professore di agraria, scelsi di andare a costruirmi la mia vita in Israele, dove la vita era abbastanza dura e molto, molto spartana a quei tempi.

Forse sono riuscito a trasmettervi quello che fu il mio stato d'animo di quegli anni, e sono certo che lo potrete capire, anche se non condividere, essendo la matrice e le prime esperienze le stesse.

Daniel